giovedì 27 giugno 2013

Relazione introduttiva di Alboresi Mauro, Segretario Regionale del PdCI dell'Emilia-Romagna, al Comitato Regionale del 15 Giugno 2013

L’odierno Comitato Regionale è finalizzato a definire quanto necessario alla gestione del Congresso Straordinario del Partito, che si terrà a Chianciano (Siena) nelle giornate del 19,20,21 Luglio pv., sulla base del documento politico e del regolamento approvati in data 2 Giugno us. dal Comitato Centrale e prontamente trasmessi alle diverse strutture.

Il nostro congresso si colloca, come evidente, in una fase assai complessa e problematica, aperta a molteplici sbocchi, pesantemente segnata dalla crisi economica e dalle sue drammatiche ricadute sociali, nonchè dal precipitare di quella etico/morale, causa effetto di quella politica, che hanno investito il nostro Paese.
Abbiamo avuto modo, nel Comitato Regionale precedente, di analizzare le ragioni dell’affermazione del Governo Letta ed il suo programma, definendolo sostanzialmente in continuità con quello di Berlusconi e di Monti, ciò per la sua natura di Governo di larghe intese, soprattutto in quanto riconducibile alla medesima filosofia.
Le scelte che ad oggi lo stesso ha compiuto, prospetta, confermano tale giudizio.
Non è così che si può uscire dalla crisi economico sociale in essere, non è con la sciagurata controriforma costituzionale che si prospetta che si risponde ai problemi che attengono alle Istituzioni, al rapporto tra esse, più in generale alla crisi della politica, al distacco crescente tra questa ed i cittadini ( confermato anche dalle recenti elezioni amministrative).
Nello scorso Comitato Regionale abbiamo avuto modo di valutare anche la crisi del centro-sinistra, determinata dalle scelte del PD all’indomani delle elezioni politiche, la crisi di quest’ultimo, il distacco crescente tra gruppo parlamentare ed elettori, tra base e vertice del partito .
Oggi, analizzando l’esito delle recenti elezioni amministrative, che costituiscono un ulteriore importante test, si evidenzia che esse hanno premiato il centro-sinistra, che conquista tutti i 16 comuni capoluogo in palio, ed il PD, che di tale alleanza rappresenta la maggiore forza ed esprime il Sindaco, non può che sottolineare ciò.
Una valutazione attenta , tuttavia, non può non evidenziare, in tanti casi, una perdita rilevante di elettori ( emblematico il caso di Roma) a conferma del distacco crescente dalla politica, anche locale, e del fatto che le scelte operate a livello nazionale hanno pesato, pesano.
E’ un dato di fatto che chi vince è sostenuto da una parte sempre più ridotta dell’elettorato ( nel caso richiamato meno della metà dello stesso si è recato al voto) e che sempre più è il meccanismo elettorale ad incidere, a determinare maggioranze.
Il risultato del centro-sinistra, accompagnato dal crollo della LEGA NORD in realtà considerate sue roccaforti ( emblematico il caso di Treviso ), dal crollo generale del PDL, che ha diverse motivazioni, ancorchè segnato da molti fattori, è importante e come tale va sottolineato.
In relazione ad esso il contributo della sinistra è stato articolato, e quanto dalla stessa ottenuto richiede una attenta valutazione.
Ciò riguarda SEL, che ha perso molto dell’appeal registrato in occasione di altre elezioni amministrative, ma ancor più la cosiddetta sinistra radicale, della quale noi facciamo parte.
Essa, in tanti contesti nei quali si è presentata unita, parte del centro-sinistra, ha si concorso alla vittoria di tale schieramento, ma non ha ottenuto i risultati attesi, spesso restando fuori dai Consigli Comunali, ma anche laddove si è presentata in alternativa, con un proprio candidato Sindaco ( ancora il caso di Roma) i risultati sono stati gli stessi. Ne consegue che oggi la sinistra radicale è spesso marginale, quasi mai decisiva, a conferma della crisi nella quale si trova.
Se guardiamo all’Emilia-Romagna ( 18 i Comuni nei quali si è votato) spicca l’assenza di liste riconducibili alla stessa, a noi, in tanti, troppi contesti, a segnalare una rilevante debolezza, i limiti del radicamento territoriale, lo scarso appeal tra gli elettori. Il caso di Imola conferma che pur facendo parte del centro-sinistra non è scontato che si riesca ad eleggere, quello di Salsomaggiore, dove il PdCI, assieme a SEL, ha dato vita ad una lista che si è presentata in alternativa a quella sostenuta dal PD e da una lista della quale faceva parte anche il PRC, evidenzia un importante risultato ( il 15, 6% e l’elezione di un Consigliere Comunale) ma non necessariamente prefigura un possibile modello vincente.
Il risultato di queste elezioni amministrative ha detto molto anche relativamente al MOVIMENTO CINQUE STELLE.
Si è parlato in tanti contesti dell’evidente scarto tra voto nazionale e voto locale, di crisi, di esaurimento dell’appeal di tale formazione , etc.
Si può affermare che relativamente ad essa si è sicuramente aperta una fase densa di incognite, dei cui sbocchi, oggi, non è dato sapere ma che è destinata a chiarirsi a breve. Abbiamo avuto modo di sottolineare il perchè del Congresso Straordinario del nostro Partito.
Esso risiede nella crisi che lo stesso stà attraversando da tempo, una crisi di consenso e di radicamento sociale che non ha precedenti nella storia repubblicana , grave anche perchè in controtendenza rispetto agli altri paesi europei.
Abbiamo scelto di rispondere ad essa attraverso una scelta collettiva, puntando ad una sintesi condivisibile ( il documento congressuale, approvato con 5 voti contrari e 7 astensioni variamente motivate, si propone come tale ).
Ricostruire il Partito Comunista, unire la sinistra, attuare il programma della Costituzione è la scelta che proponiamo.
Il documento congressuale, ampio ed articolato, di facile lettura, esprime un livello di analisi adeguato circa la fase, quanto accade e perchè accade , e prospetta precise proposte, evidenziando un programma credibile, praticabile, sostenibile, per il quale impegnare il Partito.
Poichè si tratta di un congeresso straordinario la scelta è stata quella di concentrare l’attenzione sul cambio di fase che ha investito l’Europa e l’Italia, segnatamente dal 6° Congresso ( Ottobre 2011) ad oggi, sui nodi che attengono alla riorganizzazione politica dei comunisti e della sinistra nel nostro Paese.
Per tale ragione si è operata la scelta di rinviare, relativamente alle molteplici questioni richiamate, all’attualità delle tesi fondamentali poste alla base del precedente congresso.
Punto di partenza della nostra analisi non può che essere la crisi strutturale del sistema capitalista, le sue motivazioni e caratteristiche, la sottolineatura del fatto che non ci troviamo di fronte ad un fatto naturale, bensì a precisi e motivati processi connaturati allo stesso.
Siamo di fronte ad una crisi sempre più marcata, che ha investito gli Stati Uniti, il Giappone e, soprattutto, l’Europa, e dalla quale non casualmente è esclusa tante parte del mondo, a partire dai paesi del cosiddetto BRICS, in virtù del fatto che essa è fuori dalla logica politica, dalla filosofia liberista che ha permeato, permea le suddette realtà, dalle contraddizioni che gli sono proprie. Cosa tale crisi stà producendo ai diversi livelli è sotto gli occhi di tutti ed è possibile parlare di crisi di civiltà.
Non casualmente il documento evidenzia in premessa la natura ed il potenziale distruttivo proprio del capitalismo in questa fase del suo sviluppo e sottolinea la necessità di lavorare ad un processo volto al suo superamento.
Noi non possiamo limitarci a ricercare una alternativa di governo entro un quadro di riferimento dato per immodificabile, noi ricerchiamo anche una alternativa di sistema.
Per questo siamo comunisti e ci misuriamo con l’esigenza di legare la radicalità della prospettiva socialista con il realismo di un programma credibile, fattibile, per l’Italia e per l’Europa, in grado di spostare in avanti gli equilibri in essere. Il documento analizza la crisi dell’Unione Europea, il suo essere, ad oggi, essenzialmente finanziaria, assai poco economica, per nulla sociale, evidenziando un impianto che ne ha minato il progetto ed ha aperto la strada alla sua dissoluzione. Si tratta di un assetto funzionale ad una realtà capitalistica sino a ieri proposta come trionfante e che oggi si mostra in crisi, segnalando lo stesso declino del mondo occidentale e della sua egemonia su scala mondiale, anche e soprattutto dell’Europa. Non condividiamo la mera scelta di un rafforzamento della unità politica ed economica di questa Europa caldeggiata da più parti, la consideriamo unicamente funzionale ad accordi tra oligarchie, a rafforzare le scelte ad oggi in campo. Diciamo no ad una proposta di presidenzialismo continentale che scavalca la sovranità dei Parlamenti nazionali, il “ce lo chiede l’Europa” non ci convince, siamo per una cooperazione pan europea tra Stati sovrani.
Siamo per una alleanza con tutte le forze disponibili volta a ricontrattare i trattati europei, ad impedire che essi impongano, come oggi accade, in funzione di un approccio meramente finanziario, la distruzione dei sistemi di welfare, già pesantemente colpiti, dei diversi Paesi, la messa in discussione della sovranità e della democrazia degli stessi
Affrontiamo con grande attenzione anche la questione dell’ uscita dall’Euro, che in tanti, a fronte di ciò che accade, propugnano.
Riteniamo che tale scelta rappresenti un pericolo per le masse popolari se assunta unilateralmente, fuori da un quadro di diversi, necessari equilibri tra Stati sovrani, tra aree geografiche.
Grande è per noi la responsabilità della socialdemocrazia , da tempo in crisi, nella costruzione dell’Unione Europea, assolutamente inadeguato il ruolo svolto al riguardo dallo stesso PD.
Consideriamo sbagliata la scelta di SEL di aderire ad un PSE così caratterizzato. Lavoriamo per la costruzione di un fronte di lotta continentale dei comunisti e delle forze progressiste con le proposte concrete, alternative, unificanti che il documento congressuale esplicita.
Relativamente all’Italia lo stesso propone una precisa analisi della situazione data. Il nostro Paese è stato e continua ad essere pesantemente colpito dalla crisi in virtù delle scelte, aderenti ai diktat della cosiddetta Troika, compiute dai Governi che si sono succeduti in questa lunga fase alla sua guida.
Tutti gli indicatori macro economici evidenziano il precipitare della stessa, le drammatiche ripercussioni sociali che ne derivano, le difficoltà inerenti la prospettiva ( emblematici il precipitare del PIL, la diminuzione delle entrate fiscali, la crescita del debito pubblico, l’incremento progressivo del tasso di disoccupazione, la crescita delle disuguaglianze e della povertà, etc.).
La nostra contrarietà alle misure adottate e che si prospettano è netta.
Per quanto ci riguarda l’opposizione al Governo Letta non ha alternative ed il nostro impegno deve essere quelo di concorrere ad unire ciò che muove in tale direzione dentro e fuori il Parlamento.
Occorre andare in una direzione opposta a quella perseguita dai Governi Berlusconi, Monti, Letta .
E’ necessario abbandonare le politiche di austerity adottate sinora, rinegoziare presenza e ruolo dell’Italia nel processo di integrazione europea, affrontare i nodi strutturali della crisi economica italiana. Noi siamo per un programma che pone l’accento sul rilancio del ruolo dello Stato in economia, nello stesso settore creditizio.
Il superamento del sistema delle Partecipazioni Statali, della Cassa per il Mezzogiorno, la privatizzazione del sistema bancario, sono alcune delle scelte che hanno caratterizzato la vulgata del “ meno Stato, più mercato” di quest’ultimo ventennio, ed i risultati ne evidenziano il fallimento.
Siamo per una politica fondata sui saperi, sulla ricerca , sull’innovazione, per uno sviluppo sostenibile, eco-compatibile. Il documento congressuale focalizza l’attenzione sul lavoro, divenuto una vera e propria emergenza, sulle profonde trasformazioni delle quali è stato oggetto a seguito del processo di riorganizzazione capitalistica, sulle ripercussioni che ciò ha comportato nel tempo anche relativamente ai rapporti di forza.
Particolare attenzione è posta al progressivo distacco della sinistra dalle condizioni materiali vissute dai lavoratori e, conseguentemente, la crescente inutilità che questi hanno finito con l’attribuirle in rapporto ai loro problemi.
Da qui l’obbiettivo dei comunisti di riunificare la classe lavoratrice, nella consapevolezza che oggi ciò significa guardare molto oltre i riferimenti del passato e che la scelta della nozione di “economicamente subordinato” come orizzonte di una nuova rappresentanza del mondo del lavoro è vieppiù necessaria.
Il documento pone ovviamente grande rilievo al rapporto tra sinistra politica e sindacato.
Ciò che emerge accanto ad una sinistra sempre meno connessa con il mondo del lavoro è la crisi di rappresentanza che vive lo stesso movimento sindacale.
E’ evidente la crescente distinzione tra organizzazioni sindacali che provano a misurarsi con le cause alla base dei processi che investono il mondo del lavoro e ne determinano le condizioni ed altre che tendono a limitarsi ad intervenire sugli effetti degli stessi.
In relazione a ciò il documento esplicita le scelte compiute in questa fase dai diversi soggetti e focalizza l’attenzione sulla necessità che i comunisti presenti nel mondo sindacale, a partire dalla CGIL, trovino forme e modalità di coordinamento funzionali ad incidere , ad orientare in direzione di un nuovo protagonismo di classe.
Molteplici sono le proposte che il documento avanza per ridare centralità al lavoro, per rilanciarne la tutela e la valorizzazione, dentro i luoghi nei quali si esplica, nella società.
Particolare rilievo è posto al tema delle politiche per il lavoro, contro la dilagante condizione di precarietà ( emblematico il peggioramento della controriforma Fornero operato in questi giorni dal Governo Letta) per il sostegno al reddito, relativamente alla rappresentanza e la democrazia nei luoghi di lavoro.
Rinsaldare il rapporto con i lavoratori, riconnettere a sinistra la relazione con il mondo del lavoro, battersi per migliorarne la condizione sono quindi gli obbiettivi di fondo da perseguire.
Relativamente alla crisi politica ed istituzionale che ha colpito l’Italia, sottolineando il carattere inedito che la stessa rappresenta nel contesto europeo, il documento analizza adeguatamente le ragioni che ne sono alla base ed evidenzia il fatto che la stessa non è casuale, bensì riconducibile ad un progetto dei cosiddetti poteri forti , ossia del blocco di potere politico, finanziario, economico imperante, volto a determinare le condizioni funzionali al raggiungimento degli obbiettivi dagli stessi perseguiti.
Si tratta di un processo che viene da lontano.
Esso attraversa la Prima Repubblica, caratterizzata dalla crisi dei grandi partiti di massa, dalla messa in discussione del sistema proporzionale e dalla esaltazione del bipolarismo, e la Seconda Repubblica, nella quale il ruolo dello Stato è messo sempre più in discussione, nella quale l’antifascismo e con esso la Costituzione , i suoi principi, il suo assetto sono sempre più sotto attacco.
Oggi il tentativo evidente è quello di sancire anche formalmente i cambiamenti intervenuti, in altre parole di “chiudere il cerchio”. In questa direzione va letto quanto si prospetta relativamente alla Terza Repubblica in fieri.
Netto è il nostro no alle ipotesi di una Repubblica di tipo presidenziale che si delineano, il nostro ancorarci in difesa della Costituzione Repubblicana.
Non è di una commissione per cambiarla che vi è bisogno, semmai ne occorrerebbe una per attuarla.
Ciò evidenzia l’esigenza dell’essere, i comunisti, parte attiva di un processo capace di raccogliere le forze sane del Paese che non si rassegnano ad un progetto che punta ad una democrazia sempre più delegata e sempre meno partecipata, volto ad affermare il primato della governabilità e che per questo spinge in direzione di un ordinamento basato sul decisionismo, sul consenso plebiscitario ( e il rischio dell’autoritarismo è dietro l’angolo) , a cancellare un intero modello di società.
Il documento congressuale si sofferma poi sull’evoluzione del quadro politico degli ultimi due anni e ne sottolinea i passaggi, ascrivendo la fine del Governo Berlusconi, l’affermazione di quello Monti prima e di quello Letta poi al progetto su richiamato, volto a stabilizzare la situazione economica, politica, istituzionale entro le compatibilità evidenziate dai settori più reazionari a livello nazionale ed internazionale.
In relazione a ciò, con particolare riferimento all’esito delle elezioni politiche del Febbraio scorso, allo stravolgimento degli equilibri che hanno determinato, l’analisi relativa al centrodestra ed al fenomeno Berlusconi, al MOVIMENTO CINQUE STELLE, alla crisi del centro-sinistra ed alla involuzione del PD, costituisce parte rilevante dell’analisi proposta.
Una analisi che non può non partire dalla grave sconfitta di Rivoluzione Civile, la lista elettorale della quale siamo stati parte attiva.
Opportunamente, al riguardo, sono evidenziati i molteplici limiti di quella esperienza.
Ciò riguarda anche il nostro Partito, la sua gestione, caratterizzata, soprattutto nella fase successiva al 6° Congresso, da una progressiva esasperazione tattica che ha finito con l’offuscarne la strategia e che nella vicenda in questione ha raggiunto l’apice.
Relativamente al PD, che a fronte della crisi che lo ha investito ha scelto di promuovere per l’autunno il proprio congresso straordinario, la nostra analisi è chiara: gran parte del suo gruppo dirigente fa ormai parte del blocco moderato centrista, sia a livello nazionale che euro-atlantico.
Le ricadute evidenti delle sue scelte in rapporto a gran parte dell’elettorato , sono già state sottolineate, ciò che preme è evidenziare che le stesse hanno creato disorientamento, profonda contrarietà in gran parte della sua base militante, tra i quadri intermedi.
E’a questo popolo di sinistra che occorre rivolgerci, con esso, senza settarismi, è opportuno relazionarci. E’ un dato di fatto che il centro-sinistra per come lo abbiamo conosciuto non c’è più.
E’ caduto il collante dell’opposizione a Berlusconi, a ciò che rappresenta, esso non è più proponibile.
La nostra azione deve essere volta alla costruzione di uno schieramento unitario a sinistra, con un programma avanzato, che poi valuterà autonomamente come rapportarsi alle condizioni, alle scelte delle altre forze.
Si tratta nella sostanza di uscire dallo schema del “ con o contro a prescindere”, che tanta parte ha avuto nella crisi nostra e della sinistra, e porre l’accento sul fatto che l’unità si fa sui contenuti. Ciò significa che la centralità del nostro operare è rappresentata dall’autonomia comunista e dall’unità della sinistra.
In considerazione di ciò tali questioni sono affrontate con la necessaria attenziione, con un adeguato senso critico ed autocritico.
Ciò che è evidente è che la crisi degli uni e dell’altra deriva in gran parte dalle scelte compiute nel tempo in rapporto alla fase.
Si sottolinea la crescente insoddisfazione prodotta nei soggetti sociali di riferimento dall’azione di governo esercitata a suo tempo, il distacco crescente dalle loro problematiche, il processo di progressive divisioni che ne hanno accompagnato la storia, il fatto che i gruppi dirigenti sono stati sempre più percepiti e vissuti come parte del processo degenerativo che ha contraddistinto ed ancora contraddistingue la politica, della cosiddetta casta.
Il precipitare della rappresentatività dei comunisti e della sinistra ha quindi molteplici cause e responsabilità.
Il rapporto di causa/effetto determinatosi è evidente: il mondo del lavoro privo di rappresentanza politica, i comunisti e la sinistra privi di relazione con l’area di riferimento.
La scelta non può che essere quindi quella di ricostruire, innanzitutto, un credibile processo unitario a sinistra. Ciò richiede l’interlocuzione, il coinvolgimento di un vasto spettro di soggetti sociali, politici, sindacali.
La CGIL, a partire dalla FIOM, il sindacalismo di base, la sinistra politica organizzata, sia quella anti capitalista che quella di orientamento riformista, le grandi associazioni democratiche e di sinistra, costituiscono i possibili referenti.
Puntiamo ad un fronte ampio, l’unico in grado di fermare il processo di marginalizzazione dei comunisti e della sinistra in atto.
Un fronte che non chiede la rinuncia alla propria autonomia ed identità, capace di relazionarsi con tutte le forze autenticamente democratiche, di promuovere azioni capaci di rivolgersi ad un ambito sempre più vasto, di rappresentare uno sbocco possibile al cambiamento.
Un fronte unito attorno ad un programma minimo ma capace di arrestare la deriva, di invertire la rotta.
La condizione di crisi dei comunisti in Italia ha ragioni profonde, non contingenti, che risiedono soprattutto nelle scelte operate nell’ultima sua fase dal PCI, nell’evoluzione dell’esperienza del PRC, in quella dello stesso nostro Partito.
La degenerazione elettoralistica, la trasformazione in ceto politico sempre più lontano dalla realtà sono evidenti, così come la necessità di una nostra profonda autocritica (i nostri limiti politici, organizzativi, gestionali sono evidenti).
Il Congresso non deve essere auto assolutorio, la responsabilità di una sconfitta storica è nostra prima che di altri.
I dati riportati dal documento sono eloquenti: da 130.000 a 40.000 iscritti ad organizzazioni comuniste dal 1991 ad oggi, l’influenza elettorale scesa da 3.200.000 voti a meno di un milione.
Occorre invertire la rotta, puntare alla ricomposizione unitaria dei comunisti e con essi delle forze anti capitaliste ed anti liberiste. Noi diciamo no alla rinuncia al progetto comunista, allo scioglimento in altri partiti e/o movimenti, si alla ricostruzione di un Partito Comunista non autoreferenziale, meramente identitario, ma capace di promuovere la propria azione sulla base di un programma e di un progetto unitario a sinistra.
Dare impulso all’organizzazione unitaria dei comunisti è possibile, oltre che necessario in considerazione di quanto accade, del perchè accade.
Necessitano tempi lunghi ma anche scelte chiare, immediate.
Noi siamo a disposizione per la costruzione di una nuova organizzazione comunista , a partire dal rapporto con il PRC.
Siamo consapevoli del mutato quadro di riferimento anche relativamente alle risorse disponibili per fare politica, delle profonde modifiche che si prospettano e che confondono, non casualmente, costi della politica e costi della democrazia , della necessità di dovere fare affidamento sull’autofinanziamento, sull’organizzazione.
Anche per queste ragioni occorre uscire dal Congresso con un diverso modello organizzativo/funzionale, fondato sulle risorse disponibili e capace di misurarsi con la fase.
Anche per ciò è necessario uscire dal 7° Congresso con un gruppo dirigente capace di raccogliere la sfida, di dare senso al necessario cambiamento.
Il documento congressuale esplicita, nella sua parte conclusiva gli assi portanti di un programma minimo per noi, per unire la sinistra che, necessariamente, dovrà essere implementato ricercando il massimo contributo possibile, ma che già ora si evidenzia credibile e praticabile.
La sfida che abbiamo di fronte è oltremodo rilevante, coglierla è nelle nostre possibilità.
La questione comunista è tutt’altro che archiviata, ancora una volta è la materialità della realtà che lo sottilinea.

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